Vendita alla proprietà
Relativamente a questa situazione devo sottolineare un fatto: quando ho iniziato i viaggi “armagnacchesi” non era così praticata l’abitudine di vendere la singola bottiglia al podere presso i piccoli e medi produttori.
In quegli anni era possibile accedere soprattutto presso le grandi realtà commerciali, per cui la mia raccolta è stata influenzata da questa precondizione; solo verso il 1970 si diffuse lentamente questa prassi grazie alla lungimiranza di personaggi quali Gérard Laberdolive, Léon Lafitte, Léonce Lafontan e i fratelli Samalens.
In compenso poteva succedere che il produttore ti vendesse l’armagnac senza alcuna etichetta; in pratica potevi arrivare con la bottiglia vuota e lui te la riempiva con l’annata o la formulazione che tu sceglievi.
Chi ha la mia età ricorderà certamente che nelle città italiane era prassi normale rifornirsi di vino sfuso in bottiglieria e comunque nella mentalità pragmatica dei contadini non esiste nulla di più alieno del comperare una bottiglia per non berla.
Sono anche al corrente di un paio di piccoli produttori che lo praticavano ancora non molti anni or sono; si trattava di anziani contadini che fingevano di non conoscere la legge e che, in ogni caso, la aggiravano per modestissime quantità di armagnac.
Peraltro queste informazioni le ho avute da altri produttori del circondario che mi attestavano tutta la considerazione per il prodotto altrui e la simpatia per questi singolari concorrenti.
Non ne farò i nomi neppure sotto tortura, ma ho la netta convinzione che l’occhiuto fisco francese sapesse tutto e giustamente, considerata l’età dei suddetti personaggi e le dimensioni dell’evasione, facesse finta di non vedere.
D’altra parte è risaputo che un po’ d’armagnac tende a “evaporare”.
P.S.
Purtroppo non ricordo la data della mia prima visita nella cantina di questi signori, ma direi che pure loro vendessero alla proprietà perlomeno quarant’anni or sono.