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Le "piccole acque"


“Beika ‘z vi!”

L’orgoglio del contadino langarolo emerge con la potenza del dialetto e il padre del Signor Patrick non l’ha certo scordato.

Per i meno piemontesi traduco: “Guarda queste viti!”.

Sarebbe tutto normale se il colloquio avvenisse a Mondovì, terra d’origine della famiglia Giacosa; in realtà siamo nei pressi di Condom e le viti sono di Ugni Blanc e non di Dolcetto.

In fondo non cambia nulla, ciò che conta è il lavoro e di lavoro questa famiglia ne ha fatto molto.

Che poi sia avvenuto sulla terra dei Celtiberi e non su quella dei Bagienni, poco importa.

Avevo inviato a questi signori una lettera con la richiesta di chiarimenti circa la loro proprietà, avendone come risposta un invito scritto di loro pugno e non potevo mancare di conoscerli.

Le vigne sono a un passo dall’abitazione, così come la cantina e la distilleria; si capisce subito cosa rappresenti tutto questo per loro, ma ciò che più mi ha colpito è l’entusiasmo di queste persone; cerco di esemplificarlo.

Quest’anno si sono festeggiati i 700 anni dalla prima testimonianza scritta del termine armagnac (inteso come distillato) e il Signor Patrick ha allestito nella sua bella distilleria un percorso didattico sulla storia della Guascogna e della distillazione; un piccolo segno rivelatore di un approccio professionale che vede l’amore per il proprio lavoro come precipuo riferimento.

D’altra parte non è certo consueto che mi siano state dedicate oltre due ore per parlare di armagnac, senza cadere necessariamente nel comprensibile riferimento al proprio prodotto.

Voglio anche chiarire che questo giovane signore è tutto fuorché un logorroico; per certi aspetti ha mantenuto quella componente contadina taciturna e assai pudica che, se non correttamente interpretata, può anche mettere a disagio.

Non trattandosi di un produttore che inonda il mercato con decine di migliaia di bottiglie, la sua quasi solitaria intraprendenza è ancora più significativa e meritevole.

Lo stesso pensiero ho espresso nel “libro d’oro” dei visitatori del Château Le Courrejot, godendo quindi di stima e considerazione inattesa; in fondo sono dichiaratamente un semplice appassionato.

Sono stato coinvolto in un triplice assaggio (era l’ultima visita della giornata!) ed ho scelto di farmi guidare dal proprietario: mi ha offerto una ténarèze affinata, potente ma non aggressiva e con un’ampia gamma di sfumature cromatiche, olfattive e gustative.

Il Signor Giacosa mi ha pure svelato alcuni trucchi del mestiere e per uno che s’interessa di armagnac da 40 anni è stato bello scoprirne di nuovi: fra tutti, quello di agitare lievemente una bottiglia ancora sigillata; se nel collo si forma una lieve corona di bollicine, vuol dire che sono state aggiunte le “petites eaux”.

Con la doverosa postilla del tipo di distillazione; col metodo charentese che permette di superare i 70 gradi, una riduzione di più di 20 gradi consente comunque questa effervescenza.

Ovviamente la diluizione del gradiente alcolico, peraltro legittima, non è contemplata nella sua proprietà.

Concludo ringraziando la Signora Giacosa per la splendida cena che ha approntato e alla quale sono stato cooptato in modo del tutto inatteso; il fatto mi ha creato il non lieve imbarazzo di partecipare senza la possibilità di offrire almeno un mazzo di fiori alla padrona di casa.

Prevedo un futuro di primo piano per questo dinamico signore.

Le "piccole acque"
Le "piccole acque"