Nasi sopraffini
A parziale consolazione del degustatore principiante segnalo che un assaggiatore come Frédéric Lebel dichiara che le sfumature percepibili sono perlomeno ottanta, in ogni caso all’inizio non bisogna disperare e certo il suo eruditissimo libro può essere d’aiuto.
Sempre che non cerchiate di scoprire il sentore di finocchio cotto.
Non tanto per problemi olfattivi, essendo assai riconoscibile (chiunque abbia aggiunto i semi di finocchio all’acqua di cottura delle castagne non se lo può scordare!), ma perché rimane di pertinenza di un armagnac quasi centenario.
Comunque ogni italiano alle prese col sentore di finocchio è naturalmente portato a collegarlo alle truffe di quei vinattieri che coprivano l’acidità del vino offrendo generose fette di salame, tipo la toscanissima finocchiona, per confondere le acque.
Non è così per l’armagnac e in ogni caso basta prendere un dizionario di francese per scoprire come si traduce infinocchiare: non si fa cenno alla profumatissima essenza.
Per chi desidera giungere al momento della degustazione con un minimo di esperienza, segnalo la recente messa in commercio di un cofanetto delle Edizioni Jean Lenoir “Le nez de l’armagnac” che offre la possibilità di avvicinarsi a dodici aromi fra quelli più facilmente percepibili: tiglio, miele, pera, cotogna, prugna, arancia, noce, cuoio, quercia, vaniglia, pepe, cacao.
Ottima idea, anche se avrei maggiormente apprezzato se avessero incrementato la componente floreale perché manca, ad esempio, la violetta che contraddistingue da sempre un armagnac della Ténarèze.
In questo particolare contesto mi piace segnalare quanto riferitomi dal Signor Farbos del Domaine de Nautina a Perquie.
Un sacerdote di nome Pitter, assai famoso come intenditore, era in grado di riconoscere non solo il produttore di un qualsiasi armagnac, ma pure il millesimo e il vitigno utilizzato.
In occasione di un banchetto, un disinvolto ristoratore aveva servito un armagnac spacciandolo per un altro più accreditato; don Pitter lo aveva pubblicamente sbugiardato, costringendolo a salvare la faccia offrendo il pranzo a tutti i presenti.