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Mettiamoci a tavola


La cucina guascona è assai varia, facile da amare e difficile da riprodurre.

Potete essere dei geni della cucina, ma se provate a far gustare a un “nativo” l’italica minestra all’aglio, vi metterà in croce sostenendo che l’aglio di Beaumont-de-Lomagne è tutt’altra cosa da quello di Caraglio (nomen-omen).

Bisogna mangiare in loco e non si resterà delusi, se non altro per il totale rispetto che si riserva al prodotto utilizzato.

Tornando alla presenza diffusa dell’aglio, non mi sento di escludere un riflesso della cucina romana antica; è forse sufficiente ricordare il detto: –Ubi alium ibi Roma-.

Suggerisco comunque di consultare la guida gastronomica che ritenete più accreditata per vedere quanti cuochi guasconi, nella loro terra o altrove, godono di critiche positive.

So che sarebbe apprezzata la presenza di qualche ricetta in questo contesto, per cui citerò alcune di quelle segnalate nel libro dei fratelli Samalens senza fornire nessun dettaglio.

Chi vuole provarle, o compra il libro o va in Guascogna.

Fra le minestre: tourin à l’ail, tourin blanc, tourin à l’oignon.

Foie gras: au naturel, aux raisins.

Fra i secondi: confit d’oie aux cèpes, bécasse au foie gras, salmis de palombe, dindonneau (tacchino) au bas-armagnac, rognons de veau flambés.

Fra i dolci: pastis gascon o croustade.

Aggiungo il mio contributo, naturalmente all’armagnac: soufflé, civet de lièvre e sarcelle (alzavola).

Infine se troverete nel menu la poule farcie non state a pensarci, è un’esperienza da non perdere.

Assai più recente è “La cuisine à l’armagnac” di Florence e Jean Castarède (Ѐditions Sudouest), che è splendido e può anche essere utilizzato per un confronto generazionale.

 

P.S.

A seconda della “sfumatura” che si intende fornire al piatto si utilizzano armagnac invecchiati o giovani.

Allego questa etichetta perché è l’unica, nel panorama di più di 4500 immagini di bottiglie ed etichette in mio possesso, che segnali l’avvertenza di usarlo in modo corretto.

 

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