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Un mondo di bottiglie


Negli ultimi decenni sta avvenendo il passaggio dalla tradizionale “basquaise” di foggia panciuta e parzialmente piatta alla tipologia bordolese, normalmente definita “ariane”; indubbiamente stivare e spedire questo formato presenta vantaggi superiori al richiamo delle tradizioni.

Entrambe sono da 70 cl ma si stanno anche diffondendo formulazioni da 50 cl.

Esistono classicamente altri due contenitori con diverse quantità: il magnum (150 cl) e il pot gascon (250 cl); a questi si aggiungono le versioni mignon, normalmente frutto di omaggio e quasi mai millesimate.

Altre tipologie sono la basquaise e l’ariane da 35 cl; queste ultime rappresentano un’ottima possibilità di assaggio e sono sovente disponibili in confezioni composte di tre bottiglie.

Secondo i diversi produttori si possono trovare associazioni di VSOP, Hors d’Age e un millesimo, oppure una bottiglia a base di Baco, una di Ugni Blanc e una di Folle Blanche; spesso associano armagnac e floc.

Ho testimonianza anche di formati Jéroboam (300 cl) e Salmanazar (900 cl); si tratta di richieste esaudite per una clientela particolare e non sono rappresentative della consuetudine.

Contemporaneamente si è accentuata la scelta di passare dal vetro verde/marroncino a quello trasparente; in questo caso avvengono due condizioni contraddittorie: il vetro scuro e sovente satinato garantisce più protezione mentre con l’altro si appezza notevolmente meglio tutta la gamma cromatica del distillato.

Esistono poi bottiglie assolutamente inattese che sono normalmente dedicate a personaggi storici, a luoghi famosi, a monumenti; immaginifiche rappresentazioni sovente legate a un particolare mercato geografico.

Alcune sono simpatiche ma banali, come la Tour Eiffel o la Bastiglia, molte riproducono i Moschettieri, altre cavalieri; poi troviamo cappelli da ussaro, tricorni, bastoni da Maresciallo, busti napoleonici, cannoni, grappoli d’uva, palloni da rugby e da calcio, auto, caravelle, mappamondi, bottiglie corredate con bocce, violini (con tre corde?) e le corone dei re di Francia. Un classico è il biberon in vetro lattimo.

Non mancano le aquile imperiali e le oche in Limoges, che ricordano quelle usate per il foie gras.

Infine un tocco letterario: la bottiglia a forma di libro. Meno comprensibili le bottiglie in ceramica che propongono l’Opera House di Sidney, la carta geografica delle Hawai e l’idillio di Romeo e Giulietta.

A questo punto mi fermo poiché reputo essenziale una piccola riflessione.

Chi stende queste brevi note è certamente un appassionato estimatore di armagnac, quindi non può essere tacciato di malevola prevenzione, però mi sembra che in certi casi Pindaro abbia preso un eccessivo sopravvento.

Tutto ciò detto da un italiano, che urla intimamente quando vede vendere vino confezionato in bottiglie richiamanti il Vesuvio o il Colosseo e vorrebbe sperare che solo noi si sia capaci di tali nefandezze.

La riflessione più banale che nasce da un non addetto ai lavori è che in tema di packaging ci sia comunque ancora molto da fare.

Si può discutere all’infinito sull’opportunità di proporre un’immagine che abbia attinenza con la Guascogna per unire prodotto e territorio, ma certamente non si qualifica il prodotto con queste soluzioni.

Ammesso che l’idea di prodotto sia chiara e condivisa da gli operatori del settore e che gli stessi abbiano ben definito anche la fascia di mercato alla quale rivolgersi.

Per il passato recente c’è anche il sospetto che il valore intrinseco dell’armagnac non fosse del tutto percepito se scopriamo che ancora nel 1930 esisteva un sindacato unico del vino, del sidro, degli alcolici e dei liquori.

Nonostante fosse presieduto da uno dei più grandi negozianti della Guascogna, Ėtienne Janneau.

Sarebbe quindi accettabile la proposta di una visione strettamente legata al territorio e correlata all’immaginario collettivo che si ha della Guascogna.

Consapevoli, però, del rischio di cristallizzare il prodotto in un’idea astratta e retrodatata, che non lascia trasparire il cambiamento avvenuto in questo mondo.

La disamina però non può essere completa se non si osserva anche l’aspetto positivo.

Da alcuni anni si stanno affermando, non solo presso produttori e negozianti al top, bottiglie confezionate con estrema cura sia nella forma sia nella presentazione. Non parlo solo di cristalli Lalique o Daum con scatole di raso di seta, riservati ovviamente a prodotti elitari, ma alla tendenza consolidata di mantenere un aspetto accattivante e nel contempo rappresentativo di tradizione e serietà.

Aggiungo la presenza di una bottiglia singolare e non priva di una sua coerenza, costituita da tre mini bottiglie impilate con diverse formulazione (VSOP, Hors d’Age e XO) di bas-armagnac.

Un mondo di bottiglie
Un mondo di bottiglie