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I fratelli Samalens


È il 1973, ho finito da pochi mesi il servizio militare, ho trovato un buon lavoro e mi sento ricco.

Ottima condizione per rimpinguare la collezione, quindi parto per la Guascogna.

Arrivo alla Maison Samalens, sono gentilmente accolto dal signor Jean che subito chiama il fratello e sono investito da una raffica di domande, una sorta di esame di ammissione per verificare se si tratta del solito turista che passa di là per caso; devo premettere che quando vado “per armagnac” io mi trasformo e probabilmente sono sopravvalutato dal mio interlocutore per la dose di entusiasmo che manifesto.

Comunque sia, le mie conoscenze appaiono superiori alla media dei visitatori e certamente non comuni per un italiano, per cui sono ammesso a visitare la distilleria e la cantina e infine al rito della degustazione.

Procedo all’assaggio cercando di non perdere nulla, m’impegno seriamente come se fossi un vero sommelier e mi felicito, senza peraltro dover fingere, per la loro produzione.

Qui arriva, del tutto inatteso, il piccolo dramma personale.

“Vuole diventare nostro importatore per l’Italia?”

Mi sento male; ho appena trovato lavoro e conto di sposarmi l’anno seguente, non ho esperienza nel settore e soprattutto non ho risorse da investire nell’acquisto di uno stock.

Ne parlo loro con franchezza e la risposta è disarmante: non c’è problema, li pagherò quando le vendite saranno avviate.

Che questi amabili signori fossero così disperati da affidare a un (non illustre) sconosciuto le loro sorti italiane, mi sento di escluderlo; mi è mancato il coraggio, la vita è andata in altra direzione e non rimpiango nulla.

Mi spiace soltanto non avere mai fatto sapere ai fratelli Samalens quanto mi avesse reso orgoglioso la loro proposta.

Me ne andai con una bottiglia del 1947 che fa parte del patrimonio di famiglia, da aprire solo per matrimoni e battesimi.

Devo a questi signori la prima dotta disquisizione sulle malattie della vite e sui tanti nemici che l’armagnac incontra nella sua lunga vita.

Vollero anche il mio indirizzo e sul momento non ne compresi la ragione; dopo alcuni anni vidi arrivare un pacchetto contenente il loro libro e fu in quell’occasione che, per la prima volta, pensai di scrivere qualcosa di mio.

Pur essendo un libro ormai assai datato è gradevolissimo e chiunque desideri trovare motivazioni per amare l’armagnac e la Guascogna, dovrebbe leggerlo; aggiungo che è stato tradotto in inglese e in tedesco e tutto ciò non fa che aumentare lo sconforto per il nostro italico provincialismo.

Ormai, purtroppo, è sfortunatamente tardi per ringraziare entrambi.

I fratelli Samalens
I fratelli Samalens