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Turris eburnea


Analizzando i messaggi promozionali reperibili nei siti aziendali e nel materiale informativo dei vari produttori, non è infrequente trovare cenni alla storica presenza di questi soggetti nel mondo dell’armagnac e certamente la continuità in qualsiasi settore produttivo rappresenta un dato apprezzabile e deve essere opportunamente segnalato.

Esiste quindi una “narrazione della storia” a supporto del produttore.

Verifico invece che manca sovente un’approfondita “narrazione del prodotto”.

Questa latitanza forse è riconducibile all’esasperato individualismo dei guasconi o forse è legata alla consapevolezza di offrire comunque un prodotto di eccellenza; si tratta comunque di un atteggiamento riduttivo per ciò che attiene l’immagine percepita dall’acquirente.

Considerando il legittimo (doveroso?) desiderio di espansione, si dovrebbe partire dall’assunto che non tutti siano così addentro al processo produttivo da presupporlo come scontato.

Distinguere è necessario per distinguersi e per fortuna non mancano elementi di confronto.

Si parta dalla narrazione del terreno per giungere, attraverso l’analisi di tutte le peculiarità, alla fase ultima dell’invecchiamento.

Non è impossibile farlo pur mantenendo la specificità delle varie zone di produzione, dei millesimi o degli assemblages, di un armagnac per cocktail o di un prodotto da meditazione, dei piccoli produttori come dei negozianti.

A un osservatore attento non sfuggirà la sostanziale coerenza e per i più distratti sarà l’opportunità per chiarirsi le idee; potrebbe essere un piccolo e importantissimo passo verso una definizione troppo a lungo attesa di ciò che rappresenta l’essenza dell’armagnac.

Esempi di operazioni simili non mancano, basta osservare quanto è stato fatto per altri prodotti che hanno ormai un’identità riconosciuta.

Da italiano segnalo ad esempio l’aceto balsamico tradizionale di Modena.

Sulla necessità di fare squadra molti produttori illuminati hanno già espresso parere favorevole; temo non sia sufficiente, se si trascura l’animus loci, l’unico in grado di carpire e fidelizzare il cliente.

Per quanto attiene alla sempre presente diatriba fra innovazione e tradizione, mi ricollego direttamente alla mitologia.

Considerando i risultati ottenuti, scarterei quello di Edipo: uccidere il padre, anche in modo inconsapevole, non ha mai portato buoni frutti.

Molto meglio Telemaco che, pur non conoscendo il padre, alza le vele per andare a cercarlo; sarà al momento una vana impresa, ma testimonierà per sempre il desiderio di trovare le proprie radici.

Forse è meglio evitare di coinvolgere continuamente d’Artagnan o di chiudersi presuntuosamente nella torre d’avorio.

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