I Signori Francis e Marc Darroze
Quando un big della critica enologica come Robert Parker, nella sua rivista “The wine advocate”, definisce Francis Darroze come il “Papa del bas-armagnac”, cosa resta da dire al sottoscritto?
Siamo al massimo dell’autorevolezza e dell’autorità.
Resta il fatto indiscutibile che se Francis Darroze ha avuto nel suo listino di eccezionale commerciante circa cento produttori (dato che comprende anche i marchi distribuiti nel ristorante di famiglia nei decenni precedenti), qualcosa deve pur aver detto e fatto in quest’universo etilico.
Lo conobbi molti anni orsono, quando ero ancora totalmente sprovvisto di esperienza e la sua “fissa” per il bas-armagnac mi era parsa francamente eccessiva; semplicemente ero rimasto all’armagnac tout-court e nella sventurata sincerità che mi contraddistingue feci trapelare il mio pensiero.
Francis Darroze mi dedicò il tempo sufficiente per ricevere chissà quanti altri clienti e riuscì ad aprirmi gli occhi; solo che a quel punto ero così rimpicciolito dalla vergogna, da spaziare con la mia vista all’altezza delle ginocchia.
Aveva ragione, inutile dirlo e credo che in molti abbiano tratto beneficio da questa sua insistenza nel voler legare il prodotto al territorio.
Non so, ad esempio, quanti produttori avrebbero poi avuto il coraggio di mettere in etichetta “haut-armagnac” senza timore di essere sbertucciati.
Esemplifico con i dati espunti dal testo di Henri Dufor "Armagnac, eaux-de-vie et terroir" del 1982.
Per l’annata 1974/1975 l’armagnac era messo in commercio con questa specifica: 63 % armagnac, 32,9 % bas-armagnac, 3,1 % tènarèze e 0,7 % haut-armagnac.
Per fortuna si è arrivati anche a queste correttissime definizioni e tutto questo a favore di un approccio al prodotto più informato e coerente.
Non si è trattato comunque di un percorso unanimemente condiviso perché alcuni grandi commercianti nutrivano il timore di dover gestire gli stock in modo separato e di perdere concorrenzialità nei confronti del cognac che, siamo agli inizi del 1900, aveva rifiutato le denominazioni di origine.
Nel 2009 ho avuto modo di conoscere Marc Darroze, il figlio.
Ho sperimentato la stessa cortesia paterna anche con l’omaggio di un’incredibile bottiglia e per non smentire la tradizione famigliare, una piccola lezione:
“La bottiglia va bevuta, non collezionata!”
Touché, aspetto il compleanno di mia figlia e la aprirò alla salute della famiglia Darroze; in ogni caso ho fatto apporre una dedica sulla scatola per avere un tangibile ricordo dell’incontro.