Querce blu
In Guascogna potete vedere le querce blu e non sto scherzando.
Arrivo al Domaine de Lacoste de Haut dopo la solita estenuante ricerca; per fortuna la strada è stretta e quando incrocio l’unica auto che passa, non faccio altro che ostruire il passaggio con la speranza di avere ragguagli.
“Più avanti troverà due grandi querce con una croce di ferro al centro” mi dice una gentile signora, per nulla preoccupata dalla manovra poco rassicurante.
All’inizio del vialetto che porta alla cascina il colpo d’occhio offerto da un gruppo di querce ha qualcosa di strano, ma lo attribuisco al riverbero del sole che ho di fronte.
Il Signor Couput sta zappando l’orto, mi riceve cortesemente e mi chiede di attendere l’arrivo imminente del figlio che sta seminando nel campo di fronte; per l’esperienza che ho di queste situazioni, so che dovrò attendere non poco e ne approfitto per chiacchierare dei lavori di campagna.
Poi il discorso si sposta sull’allevamento bovino, sul grande abbeveratoio situato ai limiti della cascina e noto la presenza dei particolari giunchi che i bottai utilizzavano per rendere stagni i fondi delle botti.
All’improvviso il quadretto idilliaco è squarciato da un grido gutturale, stridulo, che viene dalle mie spalle; il mio interlocutore non fa una piega e la cosa mi tranquillizza, ma non posso fare a meno di cercare di individuarne l’origine.
Mi giro e appare un’epifania di foresta indiana, una di quelle immagini presenti nei libri illustrati di Salgari: sui rami più imponenti delle querce è appollaiato un numero incredibile di pavoni blu.
Scoprirò in seguito che non si sa da dove siano giunti e che poi si sono stabiliti al Domaine e abbondantemente riprodotti; con generosità tutta contadina e per il semplice motivo che sono decorativi, sono stati adottati.
Per mia fortuna nel frattempo arriva il figlio per fare scorta di sementi e m’illustra la proprietà, mi fa visitare la cantina e oltre a fornire vari ragguagli concernenti la mia ricerca, mi spiega il significato di tutti i numeri scritti sulle botti: devono essere numerate, riportare l’annata di distillazione e la gradazione alcolica, che, variando col passare del tempo, a invecchiamento terminato corrisponderà a quella che poi si troverà sull’etichetta.
Ovviamente si misura anche il contenuto in litri, che è rilevato al diametro massimo della botte coricata, in corrispondenza del tappo; in ogni caso si lascia uno spazio per aerare l’armagnac, generalmente quello occupato da 25-30 litri.