Nemici dell'armagnac 2
Agosto 2001.
Parto nel tardo pomeriggio per la Guascogna e mi fermo per un pisolino notturno nella confortevole area di Port Lauragais sul Canal du Midi; ho solo due giorni a disposizione e intendo utilizzarli al massimo.
Così sarà, almeno per il primo giorno.
Per la notte seguente devo trovarmi un albergo per non fare la figura (e la vita) del barbone; scelgo di sistemarmi presso l’hotel di Madame Samalens dove cenerò assai bene e dove, almeno in teoria, avrei dovuto riposare le stanche membra.
In effetti, passerò la prima parte della notte cullato da un’adorabile brezza notturna; purtroppo durerà poco.
Che i temporali estivi abbiano spesso caratteristiche devastanti è risaputo, tuttavia quello che vivo in quella camera d’albergo mi pare superiore a ogni più pessimistica previsione.
Sembra veramente che tutto il cielo voglia offrire il repertorio peggiore: scrosci di pioggia mista a grandine e un vento così forte da rendere difficoltoso anche chiudere le finestre.
In certi momenti ritornano alla memoria le notizie più strane: mi ricordo di aver letto che alcuni antichi popoli mesoamericani avevano il terrore che la volta del cielo crollasse e mi sento molto vicino alle loro convinzioni.
Nel mio tradizionale ottimismo avevo anche messo in conto per la mattina successiva un bagno nella piscina dell’albergo; dovrò rivedere il programma perché era totalmente intasata di detriti vegetali.
Riparto per l’incontro previsto con alcuni produttori e comprendo subito che non sarà un giorno propizio: le strade sono percorribili a stento per la presenza di uno spesso strato di foglie che le rendono scivolose e per i grossi rami che le ostruiscono.
Sarà ancora peggio vedere i contadini che si aggirano per le vigne disastrate.
Al non disumano collezionista manca il cuore di incrociare i loro sguardi e rientra ad Alessandria.
Dedico un’immagine all’armagnac prodotto dal Signor Louis Dupuy di Saint-Justin, anche lui colpito dall’uragano Klaus nel 2009.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo molti anni or sono e di sentirgli dire che contava più il terreno che il proprietario.
Dichiarazione certo non unanimemente condivisa, ma che si poteva permettere dall’alto della decennale esperienza.