I Teutoni e l'armagnac
La signora de Mandelaëre del Domaine de Saoubis è stata probabilmente uno dei primi produttori che ho visitato nella mia vita di collezionista.
A quei tempi la mia cultura in materia di armagnac era assai modesta e mi accadeva di visitare un proprietario perché ero attratto dalla bellezza della casa o del parco o più semplicemente dal fatto di passarci davanti.
Per dirla tutta, in qualche caso mi sono anche perso e sono finito in un Domaine che non avevo preso in considerazione.
Il colloquio comunque non l’ho mai scordato, perché da poche persone ho avuto tante notizie, ragguagli e informazioni come da lei; quando la ricordo finisco per associare la sua persona a un’altra immagine molto cara, quella della mia maestra alle scuole elementari.
Non t’insegnava, raccontava con calma e non c’era il rischio di distrarsi.
Da questa signora ho fatto, forse, il mio primo acquisto pienamente consapevole.
Sono ripassato al Domaine de Saoubis molti anni dopo per salutarla e in quell’occasione, a fatica, ho rinunciato all’acquisto di una bottiglia di grandissima annata perché in quel momento le mie finanze non consentivano follie, ma il rimpianto è ancora grande.
Arriviamo al 2007; con gli amici Gina e Piero raggiungiamo mia figlia Elena universitaria a Würzburg, in Germania, e veniamo a conoscenza di una manifestazione florovivaistica che si tiene in un paesino vicino.
L’argomento interessa tutto il gruppo e quindi andiamo a visitarla.
Fra le miriadi di fiori, alberi e attrezzature messe in mostra compare un piccolo stand che vende armagnac, precisamente del Domaine de Saoubis; come sia riuscito il Signor Raymonde de Mandelaëre a inserirsi in un ambiente tanto anomalo rispetto ai suoi interessi, resta un mistero.
Posso solo ipotizzare che la scelta dell’agricoltura biodinamica adottata nel suo podere lo abbia in qualche modo avvicinato a questo mondo verde e profumato.
Sta parlando con dei possibili acquirenti tedeschi per cui mi avvicino e non interrompo, ma lui coglie il mio interesse per il suo prodotto e si rivolge a me, quindi per educazione mi presento e chiedo notizie della madre (non saranno buone, come ebbi poi modo di sapere).
La sua sorpresa è manifesta: trovare in Germania un italiano che aveva conosciuto la madre, lo rende palesemente orgoglioso, s’informa del mio interesse per l’armagnac e ne mette a parte i presenti magnificando ben oltre il dovuto la mia competenza, con il risultato di pormi al centro della teutonica attenzione.
Ovviamente mi trovo obbligato alla degustazione di un buon numero di armagnac e a quel punto non me la posso certo cavare con un commento genericamente positivo.
Ormai sono coinvolto in una situazione più grande di me e devo andare fino in fondo; faccio appello a tutta la mia esperienza esprimendo pareri non banali e tecnicamente corretti, ottenendo l’approvazione del Signor Raymonde.
Devo riconoscere che sua madre era stata un’ottima maestra e che confidavo molto sulla scarsa dimestichezza degli astanti con il francese.
Naturalmente acquisto una bottiglia di Clotte de Manon del 1978, casualmente l’anno di nascita di mia figlia.
Non potrà mai sostituire quella alla quale avevo rinunciato; certamente avrà sempre un posto di riguardo nel mio cuore.