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Il Signor Yvan Saint-Martin


“Mi scusi, Signor Devecchi, lei intende scrivere un libro sull’armagnac senza neanche degustarlo?”

Certe domande hanno una tale coerenza da essere quasi insopportabili.

Ho cercato di chiarire a questo gentile signore quali erano gli obiettivi e anche i limiti della mia ricerca, ma dubito fortemente di averlo convinto.

Il Signor Saint-Martin, oltre che proprietario del Domaine che porta il suo nome a Réans, è un noto e stimato distillatore al servizio di circa settanta produttori.

Per lui, che passa giorni e notti ad ascoltare il suo alambicco, è inconcepibile e temo anche lievemente offensivo, rinunciare alla degustazione.

Ricordare la possibile presenza in strada della gerdarmeria con tanto di etilometro, gli pare una scusa.

Non è avaro di racconti e di notizie sulla sua attività; con calma olimpica, mentre pulisce due colossali ceste di noci e coccola i suoi gattini, mi fa partecipe della vita della sua proprietà.

Per la prima volta in Guascogna, trovo un produttore che mi parla del Noah, vitigno che era in uso nel suo Domaine fino agli anni precedenti la seconda guerra mondiale (siamo di fronte alla quinta generazione di produttori e distillatori).

Lo interrogo sulla parte che riguarda la sua professione di distillatore e mi fornisce una notizia poco bella.

“Siamo rimasti in pochi, ci contiamo su una mano; in realtà la stagionalità del lavoro impone ritmi massacranti e non si trovano facilmente collaboratori esperti disposti a lavorare solo per 2-3 mesi; in aggiunta, per chi fa il mio mestiere, sono cresciute le spese per la pulizia e la manutenzione degli alambicchi. Per i proprietari sono aumentate le norme igieniche e di sicurezza a tal punto che sono sempre più coloro che prendono considerazione l’idea di cessare l’attività”.

Confrontando queste parole con quanto asserito da Daguin e Dufor si apprezza la criticità della situazione; nei primi anni del 1980 erano presenti fra Mézin, Condom e Villeneuve-de- Marsan ben 25 distillatori professionisti.

Mi accompagna infine nella sua deliziosa cantina e mi fa omaggio di una piccola bottiglia del suo armagnac.

“La assaggi questa sera, dopo cena, in albergo; non mi dirà che anche lì la controllano!”

Ho obbedito e non posso che congratularmi per il risultato. Per inciso, nella mia cantina il suo armagnac era già presente; lo avevo acquistato molti anni prima in un’enoteca di Condom e, come capita a tutti i collezionisti, la bottiglia è rimasta in condizioni assolutamente virginali.

Mi corre anche l’obbligo di segnalare il giudizio terribile sul Noah, tratto dalla Guida di Cousteaux e Cazamayor.

-Di sinistra memoria, ha riempito gli ospedali psichiatrici-.

In verità il vino prodotto dal Noah contiene anche metanolo e per molti anni ne fu consentito l’uso famigliare e la distillazione; si consideri anche che per non perdere l’apporto della feccia, la stessa è trattenuta nella fase di fermentazione e passa quindi al distillato.

Il regolamento (1576/89) delle Cantine Cooperative di distillazione stabilisce tuttora un limite massimo di metanolo di 150 gr/hl di alcool puro.

Ignoro, purtroppo, se gli autori facessero riferimento al vino o al distillato, ma stimando vero quanto si legge nel sito del Ch. la Béroje (Negli anni dell’ultimo dopoguerra si forniva “vino leggero” ai dipendenti impegnati nella vendemmia e nella mietitura: ai maschi 7 litri al giorno e alle donne 3), mi pare una distinzione quasi ininfluente.

Il Signor Yvan Saint-Martin
Il Signor Yvan Saint-Martin