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Le strategie e i limiti


“L’Armagnac, un produit, un pays” raccoglie le ricerche di numerosi autori e analizza in modo dettagliato l’aspetto economico, culturale e sociologico delle strategie utilizzate dai diversi protagonisti presenti nel mondo guascone. L’osservazione è diretta alle strategie economiche e a quelle legate allo sviluppo e i termini di paragone sono il cognac e gli alcolici in toto; il riferimento è quindi il mercato mondiale.

Riassumo le considerazioni salienti, chiarendo che non tutte mi trovano in accordo; per questo motivo e per l’autorevolezza delle fonti, reputo doveroso segnalarle.

Non sono citate con l’ordine del libro perché ritengo corretto farle percepire in funzione della mia visione, sostanzialmente tradizionalista, di questo mondo; con benefici e limiti connessi a questo tipo di approccio.

 

1) Filiera troppo frammentata: produttori, commercianti, distillatori, mediatori e cantine cooperative.

 

2) Filiera disorganizzata e rivolta più a un atteggiamento difensivo dello status quo che non a un’aggressività frutto di concertazione fra tutti gli attori.

 

3) Scarsa coerenza fra produzione e andamento di mercato.

 

4) Scelte contraddittorie fra l’eliminazione del vigneto e il reimpianto dello stesso; questa politica ha avuto successo anche per l’età avanzata di molti contadini, senza discendenti interessati al mantenimento dell’attività agricola.

 

5) Ridotta attitudine a utilizzare in modo organico le risorse messe a disposizione dallo stato e dalla CEE.

 

6) Trasformazione delle proprietà da una vocazione prettamente vitivinicola alla policoltura.

 

7) Ridotta identità del prodotto in un mercato passato dal locale/nazionale a quello globale; la responsabilità deriva anche dall’aver consentito le due tipologie di alambicco, fatta eccezione per gli anni dal 1943 al 1972.

 

8) La mancanza di una precisa identità si manifesta in un confronto impietoso fra cognac e armagnac, sia nei momenti di crescita del mercato che nelle fasi recessive.

 

9) Châteaux e Domaines non esistono per il cognac; sono specifiche anomale adottate dai proprietari per far da traino ai loro vini.

 

10) I millesimi sono contestabili perché scarsamente rappresentativi della raccolta; il loro valore è legato alla distillazione e all’invecchiamento.

 

11) Mercato dei millesimi troppo elitario e in flessione; contemporaneamente è trascurato l’impiego come aperitivo, quindi si suggerisce di prestare più attenzione agli armagnac a ridotto invecchiamento.

Segnalo comunque che rispetto agli anni della pubblicazione le cose sono notevolmente cambiate.

 

12) Presenza di grandi investitori della Charente e di gruppi internazionali che, per le ridotte vendite di armagnac, tendono a marginalizzarlo e a usarlo solo come prodotto di richiamo; da ciò deriva il limitato interesse di queste strutture allo sviluppo dell’armagnac.

 

13) Comunicazione troppo indirizzata alla tradizione produttiva e famigliare, corredata sovente da testimonianze etnografiche poco o male utilizzate.

 

15) Scarsa valorizzazione del prodotto finito (critica rivolta specialmente alle cantine cooperative).

 

15) Scarso e inadeguato supporto pubblicitario.

Le strategie e i limiti
Le strategie e i limiti