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Baco 22 A


Tecnicamente il Baco 22 A è un ibrido per produzione diretta, frutto dell’ibridazione di Folle Blanche e Noah (a sua volta derivato dall’aver incrociato Labrusca con Riparia).

A un censimento datato 1979 e relativo a un’inchiesta della CEE, la preponderanza del Baco 22 A era evidente. Il fatto è legato ad alcuni vantaggi: mediamente resistente alla fillossera (Philloxera vastatrix) è pure abbastanza risparmiato dalla peronospora (Plasmopara viticola).

Ha una buona resa per ettaro e si è adattato benissimo ai terreni sabbiosi e boulbènes del Bas- Armagnac, dando vini sufficientemente alcolici, con cenni di lampone; più raro trovarlo a dimora nei terreni calcarei per i quali manifesta scarsa affinità.

Per gli appassionati di millesimi assai datati (dai primi anni del 1900 in avanti) segnalo che quasi sempre troveranno armagnac originati dal Baco 22 A.

Produce favolose acquaviti e trova estimatori entusiasti ma patisce la contaminazione da flavescenza dorata (fitoplasmosi veicolata dallo Scaphoideus titanus) e non consente al vino prodotto di accedere ad alcuna denominazione, se non “vino da tavola”.

Possiede però il pregio non trascurabile di rigermogliare in seguito alle gelate di primavera.

La prima testimonianza europea della flavescenza riguarda proprio la Guascogna ed è del 1955.

A questo vitigno, che ha contribuito a salvare buona parte dei vigneti guasconi, toccherà una sorte ben tormentata: da un lato riconoscimenti e dall’altro critiche feroci per aver contaminato la purezza dei vitigni più antichi.

Il decreto del 2005 renderà infine merito al Baco e garantirà la possibilità del reimpianto.

Baco 22 A
Baco 22 A