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L'orso


Agosto dell’anno 1960, colle di Braus nelle Alpi Marittime, fra Italia e Francia.

La Fiat 600 beige con tettuccio amaranto metallizzato, complice gli anni, il caldo, il peso dei cinque passeggeri trasportati e la salita, manifesta segni premonitori nefasti per cui, non appena arriviamo in cima, mio padre decide di concederle il meritato riposo per non incorrere nell’estremo commiato.

Spegne il motore e si appresta a scendere dall’auto; è questione di un attimo, richiude la portiera con gli occhi sbarrati.

“U jè n’urs!”.

Un orso alle undici di mattino? Vicino all’ingresso di un albergo? La buonanima ha sempre nutrito una comprensibile diffidenza nei confronti dei cani essendo stato morsicato in gioventù, ma fra un cane Terranova e un orso qualche differenza esiste.

Bene, oggi 11 maggio 2011, un Rothweiler dal peso indefinito e certamente più grande dell’orso di mio padre, mi è corso incontro e ho seriamente temuto che non riuscisse a fermarsi in tempo.

Un vitellone lanciato in corsa verso di me, al solo scopo di farsi grattare il cranio.

Il Signor Pelletier conosce così bene la sua indole pacifica che non l’ha neppure richiamato.

Sono invitato in casa e dopo i giusti convenevoli, parliamo di armagnac; l’amico a quattro zampe, palesemente estenuato dai 20 metri di corsa, si accuccia sulla porta e si addormenta.

I miei coetanei forse ricordano l’Ulisse cinematografico interpretato da Kirk Douglas e il russare di Polifemo; la tonalità e i decibel non erano molto diversi.

Nel frattempo io e il Signor Pelletier abbiamo parlato della comune passione e devo aver fatto una così buona impressione che mi ha chiesto quale fosse il mio armagnac preferito.

Se non ricordo male uguale domanda mi era stata rivolta nel 2004.

Ho parlato di tre distillati, che ovviamente non cito, di diverse tipologie: uno che si può definire storico, uno classico attuale e un terzo con caratteristiche innovative.

Solo a questo punto il mio interlocutore si è dichiarato anche un assaggiatore e ho temuto una reazione piccata o semplicemente difforme.

In realtà questo signore manifesta competenze che non sono certo quelle classiche del vignaiolo che non vede “altro armagnac al di fuori del mio”.

Immagino che da lui possano uscire idee innovative perché ha proposto riflessioni che testimoniano grande attenzione verso il processo di evoluzione dell’armagnac.

La persona è colta, gentile e intraprendente e incontrarla mi ha arricchito.

Ovviamente suggerisco al lettore di fare una visita al Castel de Vidalon.

L'orso
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