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Miles gloriosus


Tutto nasce dalla cessione di attività di un ristorante alessandrino.

Il proprietario Sergio Siri conosce la mia passione per l’armagnac e mi offre 4 bottiglie della Maison Sempé; mi richiede una cifra onesta e le acquisto (con i soldi di mio padre!).

Passano molti anni e nel 1981 parto per un pellegrinaggio etilico in Guascogna; ad Alessandria sta nevicando in modo copioso e devo subire gli sguardi perplessi di mia moglie e quelli imploranti dei miei genitori. L’unica che non si oppone è mia figlia che ha tre anni.

Vado direttamente alla Maison Sempé, arrivando intorno alle 18 del 27 o forse del 28 dicembre.

È ormai notte e stanno chiudendo, ma un’impiegata mi accoglie; vedendo un’auto italiana forse pensa che mi sia perso. Quando chiarisco il motivo della visita, non riesce a trattenere lo stupore misto a una più che comprensibile irritazione.

“Ripassi domattina, stiamo chiudendo”.

Ovviamente abbozzo e saluto ma mentre mi allontano sono richiamato da una voce maschile: è il Signor Sempé.

Mi scuso per l’ora, argomentando che la strada fra Alessandria e Aignan non è propriamente corta, che contavo di arrivare prima per acquistare qualche bottiglia, ma il mio imbarazzo è palese e lui ne approfitta con calcolata perfidia: “Mi spiace, abbiamo terminato il Tre Stelle”.

So di esser stato inopportuno e di aver torto, tuttavia in questo modo non lo accetto.

Penso di non essere un cliente da poco; ho anche acquistato e glielo dico, quattro bottiglie della sua casa (1900, 1918, 1921, 1942) ed ero passato per arricchire la collezione con qualcosa di veramente speciale. Ovviamente Abel Sempé non s’impressiona e rilancia.

“Abbiamo del 1893 e del 1904, quante bottiglie ne vuole?”

In certi momenti vorresti avere la pala per scavarti la fossa e scomparire; in un soprassalto di vanagloriosa dignità affermo che ne basterà una per millesimo.

Immediatamente sono aperti due bottiglioni, (quelli che hanno un contenuto intorno ai 10-11 litri) e sono confezionate le bottiglie con tanto di etichetta personalizzata “Pour Monsieur Marzio Devecchi”.

Pago senza fiatare fingendomi ricco fino all’ultimo.

L’anziano signore (aveva allora circa la mia attuale età) sorride; ha giocato come il gatto col topo e non infierisce, incomincia a parlare, a chiedere, a raccontare.

Passa il tempo e Abel Sempé non ha più fretta; controlla l’ora e mi dice:

“Sarei lieto di cenare con lei, beninteso, (sublime ironia che non riesce a trattenere), se non ha appuntamento con qualche altro produttore”.

Ne sono lusingato, ovviamente acconsento e in quel preciso istante realizzo che non avevo ancora cercato e prenotato l’albergo; la fregola per l’armagnac mi aveva portato direttamente alla sua cantina dimenticando che la ricezione alberghiera a quei tempi non era certo quella di Parigi.

Ho cenato splendidamente, mi sono trovato l’albergo prenotato e pagato ed ho avuto solo l’imbarazzo di presentarmi a tavola vestito da viaggiatore invernale.

La persona però non aveva ancora finito di stupire; durante la cena avevo lamentato la scarsa letteratura concernente l’armagnac avendone come risposta, stranamente non piccata per la mia impertinenza, che qualcosa si era pur scritto.

Rientro in Italia e dopo qualche giorno la posta mi recapita un pacchetto proveniente dalla Francia con dentro il libro scritto da lui, con tanto di dedica.

Attraverso il racconto scopro la sua incredibile vita e ne sono affascinato al punto che la traduco in italiano per farla gustare a mio padre che gli era coetaneo e che, come lui, aveva iniziato custodendo una piccola mandria.

Raramente mi è successo di fare tante figuracce con la stessa persona, però quando ripenso alla bonaria ironia dei suoi occhi, capisco che se amo la Guascogna e l’armagnac, è anche grazie a lui.

 

P.S.

Con il passare degli anni ho verificato anche un altro elemento positivo di questo signore: il prezzo richiestomi era inferiore alle normali quotazioni di mercato.

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